Francesca, ad un certo punto, con mamma non si è trovata più. Non è successo nulla, ma la sua stessa presenza le dà fastidio. I suoi interventi anche se vogliono essere affettuosi, sono insopportabili. Francesca cerca dei pretesti per mettersi contro la mamma; non è sempre facile, ma è come se ne avesse bisogno. Che brutto avere una madre in gamba a cui tutti danno ragione! Francesca cerca ora persone diverse da quelle di casa, gente della sua età, forse anche adulti, ma fuori casa.
Da un po’ di tempo Cristina si domanda cosa voglia dire essere sé stessa. Risolve il problema, un po’ comportandosi all’opposto di come si comportava prima e un po’ facendo il contrario di quello che le dicono.
Non si piace più, né quando si guarda allo specchio (e si guarda sempre più spesso), né quando si sente osservata dagli altri (e le sembra che tutti la osservino). Le succede di sentirsi diversa a seconda dell’ambiente: a scuola, ai giardini, con il gruppo, con l’amica preferita. Le dà fastidio per esempio che sua mamma entri in camera e si fermi a parlare quando ci sono le sue amiche.
In un momento di calma Cristina si è domandata il perché di tutti questi suoi nuovi atteggiamenti. Il perché si sente di più sé stessa, quando i suoi genitori non sono presenti.
Francesca e Cristina, mostrano la propria incertezza di fronte alla crescita e al cambiamento. Ma l’incertezza dei nostri ragazzi, è la nostra stessa incertezza, di fronte al vivere della società. Tutti vorremmo poter stare tranquillamente in mezzo agli altri, ma nello stesso tempo abbiamo qualche timore. Timore di non essere accettati, di non essere capiti, timore di essere derisi quando mostriamo il nostro vero volto.
La nostra paura, è tanto maggiore, quanto meno ci conosciamo, ci accettiamo, ci amiamo. Le persone che hanno ben chiaro che cosa vogliono fare della loro vita, come vogliono gestirsi, quale progetto perseguire, non si vergognano di quello che pensano o fanno e riescono a sostenere con maggiore facilità i propri punti di vista, anche di fronte a opinioni contrarie. Chi persegue un progetto, si sente utile e quindi si stima: perciò non ha paura di mostrarsi in mezzo agli altri e generalmente, pensa di essere ben accolto.
Spesso i nostri ragazzi per differenziarsi dagli adulti, per sentirsi unici, per dimostrare che non sono più bambini, tendono a mettere in atto comportamenti oppositivi e provocatori. Nella realtà il loro fine ultimo, che neppure loro conoscono, è quello di scoprire chi sono e come sono fatti.
Ma come fare per conoscersi?
Ci sono tanti modi, ma forse il migliore per i ragazzi, è quello di vivere in mezzo agli altri. Per questo in adolescenza, il gruppo è uno strumento indispensabile. Nel gruppo i nostri ragazzi imparano a vedersi come sono realmente, come reagiscono di fronte all’amico, al meno amico, alle persone diverse. Nel gruppo hanno la possibilità di incontrarsi nella realtà.
Nella fantasia, possono immaginare di essere le persone più generose del mondo, ma è solo vivendo in mezzo agli altri, che si rendono conto se davvero sono capaci di essere generosi.
Nella fantasia possono essere dei conquistatori, ma solo nella realtà, si rendono conto se sono timidi o disinvolti.
Nella fantasia possono dire a sé stessi che d’ora in avanti saranno diversi, ma è nella realtà, che si accorgono se hanno il coraggio e/o la capacità, di portare qualche piccolo cambiamento nella loro vita.
Tutti possiamo avere la forza di crescere, purché ci sia chiaro il nostro percorso e venga messa in conto un po’ di sana pazienza! E già, neppure Dio ha fatto il mondo in un colpo solo, e di sicuro non perché non ne fosse in grado, forse voleva insegnarci qualcosa a proposito del tempo e della maturazione, dell’attesa e del godimento giorno per giorno.
La solitudine è un altro modo per conoscersi.
Ma è una soluzione che fa crescere i nostri ragazzi? No, se per solitudine intendiamo, l’isolamento dai coetanei e dalle esperienze dell’età. Quando non ci si confronta con gli altri, si soffre meno per le sconfitte, però si gode anche meno dei successi, si vive nella fantasticheria e si rinuncia a riconoscersi nella realtà. A volte i nostri ragazzi sono tentati da questo, perché nell’immediato è più facile. È un percorso che dà loro l’illusione di essere fuori dal coro, apparendo magari più profondi e riflessivi. Nella realtà invece, rischia di diventare una fuga dalla crescita, e di fermarli nell’idealismo.
Questo tipo di isolamento, non ha nulla a che fare, con il dialogo che ognuno di noi, sia ragazzi che adulti, dovrebbe avere con sé stesso, e che certamente presuppone attimi di solitudine. In realtà, è proprio la riflessività, derivante dal dialogo interiore, che ha come oggetto la realtà vissuta, che ci consente una crescita mentale ed emotiva, e che diventa espressione della nostra unicità e della nostra realizzazione.
Vivendo con gli altri, ognuno di noi può prendere in mano la propria vita, imparando a conoscersi poco alla volta. Chi vive in solitudine, rinuncia a confrontarsi con la realtà, e si affida ad altri anonimi, affinché lo definiscano. La solitudine, infatti, è riempita di televisione, di canzoni, di fantasie, di rimuginamenti, e lascia spazio a chi ha più presa su di noi, con il rischio di venire manipolati e condizionati, diventando quello che non siamo!
Solo chi conosce sé stesso, può partire per l’avventura di conoscere l’altro.
Ma per conoscere sé stessi, non potremo mai fare a meno degli altri, che rappresentano per l’essere umano, grande o piccolo che sia, la sua porta sulla realtà.