Il gioco rappresenta nell'immaginario dell'adulto uno strumento con il quale si occupa, lo spazio dello svago, della vacanza, del tempo libero. E' un modo per distrarre la mente, per rilassarsi, per scaricare le tensioni.
Per il bambino il gioco ha un significato ben più ampio e profondo.
Lo accompagna:
Lo accompagna:
- nella conoscenza e scoperta del mondo nell'acquisizione delle regole
- nella delimitazione dell'egocentrismo nell'apprendimento di una sana competizione nella formazione di una capacità di cooperazione nella sperimentazione di diversi ruoli
- nella soddisfazione del bisogno di contatto
- nella scarica delle emozioni più forti
- nell'espressione della gioia e del divertimento e molte altre cose ancora
Il gioco è lo strumento principe dell'apprendimento e molte volte diventa canale di amplificazione delle tensioni e dei problemi dei bambini.
Prestare attenzione al modo in cui i nostri bambini giocano, significa imparare a conoscerli meglio, anche attraverso i loro limiti e le loro difficoltà di relazione.
Per esempio, osservando la fatica che fanno a rispettare il punto di vista del compagno, oppure la difficoltà che dimostrano nell'accettare di non vincere sempre o ancora il non voler sottostare alle regole del gioco, oppure il non accettare ruoli di gregario, desiderando per sé solo ruoli di leader.
Tutte queste cose dicono molto del bambino, e sono necessarie per riuscire a metterci in sintonia con lui: rinforzando le sue capacità, stimolandolo a migliorare, sostenendo la sua evoluzione affettiva e cercando di facilitare i suoi limiti, le sue paure, le sue tensioni.
Tutti i comportamenti sono risposte ai bisogni dell'uomo:
- al pari degli adulti, i bambini hanno dei bisogni fondamentali che sono importanti per loro e si sforzano continuamente di soddisfarli attraverso l'azione;
- i bambini non si comportano male. I loro comportamenti sono semplicemente azioni tese a soddisfare questi bisogni fondamentali.
Tutto ciò vale anche nel gioco, anzi le azioni dei bambini sono spesso gioco, perché attraverso di esso il bambino sperimenta se stesso, l'altro e la relazione tra se e l'altro. Quindi tutte le azioni dei bambini sono comportamenti e basta. Da questo punto di vista, per tutto il giorno un bambino si comporta, e per la stessa ragione tutte le altre creature si comportano, in modo da cercare di soddisfare i propri bisogni.
Ecco allora che, per riuscire a facilitare il suo disagio, è importante per l'adulto imparare a conoscere il bisogno che il bambino con quel comportamento sta esprimendo, e dare risposta a quel bisogno. Non si tratta solo di correggere, ma soprattutto di nutrire le carenze che il bambino dimostra di avere.
Per nutrirlo devo essere vicino a lui. Per parlargli, incontrarlo, coccolarlo devo entrare nel suo mondo e usare i suoi canali: devo giocare.
Giocare significa penetrare nel mondo dei bambini, incontrarli nel loro elemento:
“Facciamo finta che io sia l'automobilista e che tu sia il vigile ...”
Sono io adulto che devo salire nel suo mondo attraverso le sue strade, e se voglio davvero incontrarlo devo entrarci completamente, lasciandomi coinvolgere dal suo linguaggio e dai suoi simboli.
Quante volte abbiamo frenato la travolgente allegria dei nostri bambini?
“Smettetela di gridare, state zitti, fate meno baccano, non siete capaci di giocare tranquilli?”
Un bambino ha bisogno di sentirsi gioioso per sentirsi libero di esistere e di crescere. Come può aver voglia di crescere in un mondo triste, diventando un adulto serioso che non sa neppure più giocare e ridere?
Ridere non è solo un piacere, è un riflesso della salute fisica e psichica. Le risate sono un ottimo esercizio di rilassamento, perché allentano le tensioni del diaframma. Una buona dose di risate potrà evitare molti pianti.
Pippi Calze Lunghe, il famosissimo personaggio di una serie televisiva per bambini, affermava: “... gli adulti sono proprio sciocchini, studiano, studiano, ma non hanno ancora inventato il modo per rendere divertente il lavoro ...”
Un bambino è una persona: ha i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue immagini mentali. Al bambino non interessa come fa Pinocchio a respirare e a parlare sott'acqua o come fa Pollicino, così piccolo, a indossare gli stivali delle sette leghe.
Il bambino non ragiona secondo la logica dell'adulto, ma ha una sua logica egocentrica e magica (prelogica).
Per giocare è necessario dimenticare la testa e usare soltanto il cuore. Lasciando il razionale fuori dalla porta, tutto diventa possibile e l'incontro del cuore è assicurato. Ecco allora che il gioco può:
- essere osservato, per conoscere meglio la realtà cognitivo-affettiva del bambino
- essere usato come canale d'incontro, per nutrire e arricchire la relazione e quindi indirettamente il bambino e l'adulto nella manifestazione dei loro bisogni.